il testo non finisce né inizia mai
è il fiume che scorre impetuoso
ed oggi uno tsunami verbale ci travolge tutti
un oceano liquido di parole
un lago immenso
allagati e persi
naufraghi del pensiero
quello che scriviamo è il peggio
quello che dimentichiamo il meglio
Intervistare Mario Pischedda è come lanciare un sasso nello stagno.
Il sasso lanciato è uno solo, ma i cerchi che si formano e allargano innumerevoli. Le domande più numerose (quasi un interrogatorio di quelli polizieschi con l’eterna sigaretta a fil di labbra del detective e la luce diretta sul viso dell’interrogato e buio intorno alla Black Dalia) le ho formulate via email, prima di ricevere il libretto rosso di Ma(ri)o, l’ineffabile TAP ROUL, pubblicato da gallizio, l’editore per (sua) antonomasia senza catalogo, che diventerà dopo questa operazione l’editore di un solo libro (ma forse ci ha preso gusto, chissà…).
Dopo aver ricevuto Tap Roul, le domande si sono diradate anche perché le risposte le trovavo nel libro. rigorosamente spedito per posta da Pischedda come forma di baratto, così da mantenere inalterata la sua voglia di potlach.
Chiamo il modo di distribuire le copie via posta potlach per un motivo nostalgico e evocativo insieme (quel rito è stato oggetto dei miei primi esami di etnologia all’università e il nome dei Kwakiutl, con i loro mascheroni spaventosi e i totem e tutte quelle coperte bruciate- mi è rimasto dentro), ma non solo.
Il potlach era un rito degli indiani americani del nord-ovest – i territori che si affacciano sull’oceano Pacifico- che consisteva in un gran banchetto e nella distruzione di beni considerati di prestigio – coperte oppure oggetti in rame. Era un modo per definire il proprio rango: più posseggo, più posso privarmi del surplus, invertendo la logica dell’economia di mercato. Mario regalando la sua opera assomiglia a quegli indiani e dimostra la sua grandezza d’animo. Quello che cerca davvero è uno scambio di emozioni: la materialità del libro, dello sfogliare responsabilmente, del riporre poi il libretto nella propria libreria fanno parte del gioco ma l’immaterialità del dono racconta Mario meglio di qualsiasi biografia.
Onore infine a gallizio di aver firmato l’uscita di un libro difficile, fatto di mille frammenti catturati qua e là soprattutto sul web ma anche altrove.
La parte buffa è stata quella di ritrovarmi nelle pagine del libro, nella sezione visiva poco prima delle postfazioni. Una schermata di messaggi scambiati su Facebook che hanno originato (insieme a Gabriele Ferraresi) un cadavre exquis alla maniera dei surrealisti che trovate qui http://antonioprenna.wordpress.com/2012/08/18/cadaveri-accidenti/.
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INTERVISTA A MARIO PISCHEDDA SU “TAP ROUL”
quale urgenza di scrittura ti ha spinto a pubblicare un libro di carta che vuol “certificare” il flusso di parole costantemente rinnovate e per giunta con un editore senza catalogo (ossimoro! ossimoro!), perché questa voglia di cristallizzare “momenti cosmici” che si perdono in un click?
risponderò tutto d’un fiato, senza trattenermi, così all’istante come quello che viviamo imprendibile ma sempre già passato, stessa tortura con la f/oto/grafia & idem con la scrittura
quello che cerchi di catturare è già passato, sempre, supplizio continuo ed imprescindibile
amo le folgorazioni, le schegge, i frammenti, così giustifico l’operazione editoriale
un fissare l’infissabile
qui scorrono le stelle
gli amici, gli anonimi, le paure, i desideri, le velleità di noi tutti
scavare l’insoddisfazione recitava ottieri nel fuoco del camec di la spezia qualche anno fa
scavare continuamente fino alla carne viva, ferite che sanguinano
le affinità elettive che scopri e rafforzi col dialogo, col monologo, con l’autismo professionale
tutto si avvita, le corrispondenze, le follie, le email
lo stile è stronzo sentenziava in un mattino torrido d’agosto l’amico mito che poi apostrofato è già un manifesto l’ostile è stronzo
un luogo quieto, tranquillo
versare immagini e parole a torrente continuo
mai la stessa acqua
senza alcuna pretesa di eternare
un esercizio come un altro
celeste diceva rendere meno travagliato il passaggio su questa terra
soffro, dunque sono
cito eccitandomi a memoria, tutti gli irregolari, i disubbidienti, i solitari
il circuito, il cortocircuito linguistico
azzerare sempre, controbattere sempre, non essere d’accordo mai
uscire dal coro, dai luogocomunismi beceri
dai luogoconsumismi
fuoriuscire
gocce di rugiada
la pioggia oggi rinfresca l’aria grigia
spedite le prime copie oggi alla posta piego libri
50 copie volate via, così, dal produttore al consumatore senza intermediari
con la formula vincente : o baratto o elemosina o gratis (solo se stitici xrò)
affogo nelle letteratura inutile, nelle foto a niagara
immersi, sommersi in questo oceano di scritture e immagini infinite
velocità anonimato
e questa malinconia che assale
cotto e mangiato, foto e gastronomia
tutto scorre veloce
le giornate cenere ideali a
L’ultimo libro letto L’ultimo libro non letto Il libro che non vorrebbe mai leggere La statua che vorrebbe scolpire Di che colore sarebbe la statua? Di che colore sarebbe lo status? Dia un consiglio per il vestiario dei giovani sotto i trent’anni, che per me non sanno proprio abbigliarsi? Si dedichi con noi a questo colorito acrostico
( Gabriele Ferraresi)
rispondo in blocco, bloccato, black bloc
i libri si accumulano ai miei piedi, leggo tutto assieme, onnivoro come un tarlo, ora hockney lucas africa cioran moitessier quasimodo, è quello che scorgo ai miei piedi, ma c’è dell’altro, del marcio in danimarca e da noi
leggerli li vorrei tutti parossisticamente, fino al collasso, tutti compreso il trash, un libro da leggere sarebbe quello trovato in una panchina bench in francia di recente, tipo liala, il rosa femminile e poi leggo ormai dal monitor di tutto e di più
tutto consultabile in velocità frenetica come un treno in corsa, il settebello, il tgv, italo
un dito alla cattelan, magari il mignolo
la statua sarebbe color carne oppure il rosa confetto del chewing gum di salvini
lo status nero, colore preferito e nel vestire e nell’umore et dans la musique
tutto purchè comodo, largo e disinvolto
io di acrostico ne ho uno importante di cui ricordo solo le lettere OOIPE, che sarebbe (ora mi sovviene, ma che fatica) Opera Omnia Intonsa Per Egh
tap roul è un modo per mettere ordine al caos sempre che che questo sia possibile trattandosi di fluxus che non può che essere caotico senza freni pieno di incertezze incessantemente rinnovabile, impermanente? come può essere impermanente il nerosubianco?
è un po’ come la quadratura del cerchio o della tartaruga più veloce del piè veloce achille, ci si tenta senza riuscirci, siamo destinati al fallimento, amo i perdenti, i losers, sono un Infelix, non riesco a saltare né a lessarmi nel vuoto
tentiamo sempre l’impossibile, come il biplano che si staglia nel cielo bidimensionale della f/oto/grafia, david infatti parla di age-postphotographique, manca lo spazio
a noi manca l’aria, la onestà, la legalità, la gentilezza
la riforma a costo zero, la più difficile da realizzare
viviamo nel mondo degli impossibili
e poi ci sono gli impossibili caratterialmente pure
vedi quante erte
ma non ci arrendiamo, un po’ come la mosca nello stagno calmo del bicchiere, destinata inesorabilmente ad affogare, ma questo non le impedisce di muoversi freneticamente
domanda di celeste:
hai mai trovato nel tuo laboratorio da alchimista il punto di fusione del cioccolato in denaro [del denaro esistono molti sostituti, solo che l’abbiamo dimenticato. il denaro è una convenzione causata dalla impossibilità di conseguire una reciprocità perfetta di interessi quando due persone scambiano qualcosa. il denaro è quindi un surrogato del valore. bisognerebbe ritirare tutto il denaro esistente nel mondo e riscoprire cos’è il valore. penso che mario stia percorrendo questa strada. sarebbe utile proporre una riflessione su questo perché ho la strana sensazione che arte sia tutto quello che sfugge al dominio del denaro e abita nella città del valore. l’arte vera nasce dalla necessità, la necessità è parente del valore e per fare delle nostre vite un’opera d’arte bisogna capire con pischedda cos’è il valore]
we make art not money
capovolto il luogo comune che arte sia denaro, magari denaro alle stelle, quotazioni impossibili che si moltiplicano per sè
arte è riappropriarsi di sè in un mondo di espropriati
è dolore
è grido
è santità
è purezza
purity & beauty
è ricerca continua
dire dono è parolaccia
dire gratis è turpiloquio
mi ritrovo consenziente nella filosofia celeste di Celeste
manca l’ascolto, la lentezza, la calma, la virtù
manca tutto o quasi
tutto è merce, merci noi stessi
si vende tutto
si vede tutto
non è duratura perchè non siamo duraturi
l’arte, l’ars amandi, ti pone di fronte al tema eterno ed insoluto della vita, ergo della morte
tutto è nulla, paroloni, enfasi del discorso
le bordel philosophique
mi piace, I like, lo spettatore è autore e utente, quindi spettattore
tutto è così evanescente
il nonsenso è negli ospedali, nelle solitudini urbane, nelle incomprensioni, nelle non realizzazioni, negli incompiuti, ecco perchè amo l’imperfezione
e che sia sublime
viviamo e cerchiamo di districarci dalla matassa, dalle matasse, dalle masse
pessimismo ultracosmico da lenire con la reciprocità
…ma il colpo di dadi con mallarmé, non abolirà mai l’azzardo… può suonare come frase fatta (la conosco dal ginnasio, quindi millenni fa, ma per me è sempre valida)… tap roul è un colpo di dadi?
sì un colpo di dado metallico o di dado sfarinato alla jesuinu, vedi allegato,
è un azzardo
è nulla
è tempo che occupiamo perchè abbiamo tempo
o come diceva lo scrittore ci siamo perchè c’è spazio, chi più meno chi meno
chi occupa molto spazio e chi ne occupa di meno
chi occupa tutto e chi occupa niente
chi si allarga e chi si restringe
stretti, molto stretti e poco visibili
la visibilità va al potere, ai soldi, alla finanza, noi deragliamo
non ci inquadriamo
l’abisso furioso
l’orlando
la sera
l’oscurità
[Spappolati, a pezzi, disuniti dovremmo accostarci all’arte per vedere. Vedere la vista.
In questa dinamica il discorso autoriale va rivisto nell’ottica di un ripensamento della funzione sociale dell’artista e di economia dell’arte.
Se siamo tutti autori, dov’e’ l’AUTORE. Puff, sparito…non e’ piu’ utile sembra…eppure c’e’ chi si perde in onanismi artistici, sprofonda negli abissi delle propri
e velleita’ se non guidato. L’Autore dei nostri tempi e’ un organizzatore di materiali, un insiemista
E’ un compito difficile. Si cammina sul filo di lana, sospeso tra l’ideologia e l’ateismo, il fanatismo e l’apatia totale.
L’AUTORE e’ il funambolo che procede sul filo di lana senza cadere. I suoi follower vedono che e’ possibile e lo seguono su questa strada autoriale. L’AUTORE dei nostri tempi come dicevo ieri ha funzioni civili e difensive. E’ un pontifex, letteralmente un costruttore di ponti.
L’impero di augusto comincia in effetti quando, pur ponendosi formalmente come primus inter pares, lui assomma in se’ le funzioni di imperator e pontifex, funzioni civili e religiose. I suoi successori perdono l’equilibrio e diventano sempre piu’ pontifex, fino a eliminare il ponte e elevarsi a divinità con relativo culto, o sempre più imperator, conquistatori di nuove lande e combattenti in armi. Conservare entrambe le facoltà in un unico pugno e’ impossibile, fonte di dissidio e guerra. Allora dovremmo ristabilire la funzione del pontifex, recuperare l’utilità dei ponti, chiarire a cosa servono e consentire a tutti i pontifex di buona volontà della terra di rimettersi all’opera per traghettarci nel “mundus”, in un suolo incontaminato dove vediamo la vista.
Per questo progetto serve una nuova oikosnomia, una disciplina della casa. Serve capire come devono essere questi ponti, installazioni temporanee da smantellare subito dopo il passaggio, per sbaragliare le orde nemiche, o blocchi eterni.
E bisogna contrattualizzare il pontifex, perché deve essere fedele, leale…non può alzarsi una mattina e mettersi sul piedistallo a chiedere sacrifici in suo nome, ne’ abbandonare il lavoro o lasciare allo sbando quelli che lo seguono su questa strada del ricongiungimento a se stessi, altrimenti quelli si uniscono ad altro…il ponte abbandonato porta ai burroni, agli incesti, ai pozzi senza fondo, all’inferno
L’arte che abbia senso nel nostro secolo e’ sacerdozio. Per il sacerdozio occorre vocazione. Per sorreggere questa vocazione occorre una nuova economia.
Questo e’ sacerdozio civile, sacerdozio della strada, sacerdozio in armi.
Il pontifex e’ sempre a caccia di suoli incontaminati, officia riti, parla con gli uomini e con le stelle, scala montagne, divide mari
Non vende, fa. Trasforma energia]
lo spazio come il tempo può essere una categoria dello spirito, soprattutto pensando al web, tempo dilatato, spazi infiniti, in movimento pur fermi davanti a uno schermo sempre mobile, testa in fiamme
testa in fiamme ed emicranie ed insonnie
e derive
e improvvisazioni
e distese e praterie
e triangoli e liturgie
e protagonismi
ed ecoprotagonismi
e coprotagonisti
agonisti nell’etere
e tex e rai
e tobin tax
e taxi
e disfacimenti
e rovesciamenti
e nubi e cleopatre
e cieli lividi
e stanchezze
e poche parole per farsi leggere dalle occhiaie scure
negli intrichi verbali
Antonio, CHE COSA DOBBIAMO FARE? – Il più bel cielo che tu abbia mai visto – Perché non vieni a non vivere a Milano? – Cose pensi di fare perché tornino i conti? (Gabriele Ferraresi)
che fare
Problemi scottanti del nostro movimento
senza risposte, solo i grandi condottieri in grado di indicare mete
“tip tap” ne omaggia uno di questi, vedi cover
a proposito al miglior offerente cedo del 69 il red book di Máo Zhǔxí Yǔlù
i più bei cieli sono quelli di settembre e di ottobre, l’autunno
stagione amica quando tutto decade
la stagione che mi/ci rappresenta
crepuscolo, notte, sera, letargo, sonno, letto, solitudine
temi che mi attraggono
che mi risucchiano
milano mi accoglie regalmente
piazzale loreto dove avvenne qualcosa
mi ospita l’amico old style
tutto è sorvegliato, niente sfugge all’occhio elettronico e noi rischiamo di dormir fuori
e il grigio altro colore preferito, ideale 4 the pictures 4 u
non ombre violente, non chiasroscuri allucinanti ed abbacinanti
l’uniforme
visito moresco gligorov lucas & ghibaudo, 4 magnifici moschettieri
glig mi accoglie col sorriso stirato, ghib duplica il mio naso che finisce su serrano, luc racconta manzoni e mor mi conduce a braccetto nel cielo plumbeo di milano
i conti purtroppo non tornano mai
una cosa ho capito dalla vita che non bisogna aspettare mai nè avere aspettative mai, ma fare fare e poi fare
e poi quel che sarà sarà
i semi volano selvatici nelle aride distese del firmamento
un fiore da qualche parte fiorirà
definisci operazione tap roul, baratto, spedizioni via posta (francobolli da attaccare, che francobolli? quelli comuni?), quasi un porta-a-porta, forse più di tutto un potlach?
tip tap l’ebbrezza del ballo, l’ebbrezza dello scambio
deldoor to door
dell’hand to hand
la felicità della consegna manuale
del dono
dell’annullarsi nella scrittura altrui
la felicità del ricomporre
dell’assemblare
del contaminare
contaminati e contaminanti
l’ebbrezza della sorpresa
dell’imprevisto
dell’ignoto che divora antonio
l’abbattimento dei tempi morti, delle gerarchie fasulle, della burocrazie, degli avvocati, della sovrastruttura minacciosa ed arrogante
imparare dalla chiesa
fuori dai mercati, dalle convenzioni
accontentarsi della generosità e della ingratitudine
non più tempo per aspettare
tutto e subito, ora
la piacevolezza del commento, del solleticarsi le ascelle o i piedi
i fulmini aforistici
qualcosa che elettrizzi o inchiodi
il gusto del chiacchierare amabilmente
del caffé e la brioche
del libro che accarezzo tra le mani come un frutto da amare o succhiare
l’orizzonte e la orizzontalità
possiamo continuare all’infinito, te ne rendi conto no?
continuare all’infinito sarebbe un delirio ed un bellissimo next book
ed ancor più bello senza pubblicarla mai
un delirio privato ad uso triangolare
pochi spettatori miglior festa
a me il diluire e dissipare il pensiero non dispiace
anzi piacere molto
questo correre disperato
e il vuoto è quello che respiriamo cotidie
accontentiamoci di questa letteratura leggera e friabile che nell’aria si vaporizza
parole che cercano d’addentare l’inafferrabile
amo quest’angolo affine ed elettivo
la notte cala dolce
e i pensieri possono librarsi verticali e paralleli e perpendicolari
ex sordità e cecità
siamo tutti un po’ ciechi e sordi
io scelsi sceglietti scegliei tanti anni fa l’autismo estremo come terapia al male di vivere
annullarsi con le scritture altrui non è copiare, casomai accoppiarsi, o anche scoppiare… scoppiare?
sì voce del verbo scoppiare
l’incontrario di copiare
rafforzativo
scoppiare di salute
di libidine
scoppiare nel senso di esplodere di gioia
scoppiare nel senso di divorzio di separazione di crasi di disinneschi conflittuali
scoppiare come c coppiere di nettari
insomma unire e dividere e unire la legge della vita
toujours negli intrichi verbali
assuefatti alle ritorsioni
go Veros shining destinos
…e il silenzio? il silenzio che spesso è pieno di parole? e le parole sottintese?
antonio il silenzio è tutto
recita il detto: il silenzio è d’oro, la parola d’argento
e poi col silenzio si attutisce il disturbo dell’esterno
quanti ostacoli
quanti divieti
quante gelosie
quante avarizie
quanti sgambetti
quante indifferenze
tutto è proibito
è il mondo degli avvocati e dei vigilantes
tutti falliti che covano acredine e perfidia e voglia di far male
di pungere
di ferire
ed invece l’isolamento
l’isola
l’eremo
l’antro
la solitudine aria celeste
pace dello spirito
riposo
quiete
tranquillità
calma
sereno
star bene con se stessi
non aggiungere male al male
è davvero troppo il bagaglio di orrore che ognuno di noi deve sopportare
cos’è che ti commuove…
sono commosso dalle amicizie vere
rare preziose
benedizioni del cielo
lassù qualcuno ci ama
una loro bella parola vale x mille competizioni violente e sopraffatorie
balsamo nei giorni dark
sollievo
e poi tutto ciò che è arte
tutto ciò che è genuino
autentico
l’onestà
la lealtà
un verso divino
un dipinto alla Böcklin
una musica alla rossini
e tutto ciò che è bello commuove fino al pianto
lacrime lavacro che puliscono
mi appiglio a questo
ed oggi mi giunse dal cielo un “molto bello” che para tutti i colpi bassi cattivi
che cosa sta in cielo (domanda della mia amica eleonora)
in cielo stanno le persone care
e qualcuno benedice le nostre azioni
il mondo purtroppo propina quotidianamente veleni, tossine, morti e conflitti
ma noi qui siamo a ritagliare fette di controcultura
di undergorund salutare
domanda tecnica: quale metodo di scelta per i testi di tap roul? come tzara? [Prendete un giornale. Prendete delle forbici. Scegliete da questo giornale un articolo avente la lunghezza che desiderate dare alla vostra poesia. Ritagliate l’articolo. Ritagliate poi con cura ciascuna delle parole che formano l’articolo e mettetele in un sacchetto. Agitate dolcemente. Tirate fuori ciascun ritaglio uno dopo l’altro disponendoli nell’ordine in cui sono usciti dal sacchetto. Copiate scrupolosamente. La poesia vi rassomiglierà. Ed eccovi diventato uno scrittore infinitamente originale e di una sensibilità incantevole, benché incompreso dal volgo.]
il titolo parla chiaro
tappeto urlante
tappeto rotolante
bioritmo dettato dal monitor simbiotico
leggo, scorro come un atleta che corre sul tappeto che striscia come una scla mobile
in continuo movimento
moto perpetuo
leggo a manciate a sbriciate
l’occhio guarda sempre ai lati
& sometimes la folgorazione
la frase ad effetto
il detto
la sentenza
l’apoftegma mattiniero che rinfresca
come mettere la mano nel fiume limaccioso ed estrarre la pepita
cercatori d’oro
la prossima volta, ma non se ci riuscirò, vorrei far scomparire l’autorialità, ci sto già lavorando
mixare, mescolare, il minestrone diceva Sba Nyft
cogliere tutte le erbe, possibilmente buone e rare e surtout selvatiche
amo l’afrore del selvatico
odore che punge
antonio ti ringrazio per il delirio
ma è un invito a nozze il tuo
il poter diluire con acqua ragia la densità del pensiero
annacquarlo con pennellate morbide
e poi la cera sul legno caldo
e infine indietreggiare di fronte al Moloch letterario
e alla fine eravamo tutti scrittori, io di altri
…
questa volta ti anticipo io
rispondo direttamente senza domande
solo risposta
tip tap sta facendo ballare tutti
gli amici intendo
successo insperato ed ora un po’ di riposo meritato
distribuzione all’antica, mano nella mano, face to face
facebook to facebook
come un venditore di pentole che bussa a tutte le porte
ma non ho nessuna merce da piazzare per fortuna
il dono
la bellezza del dono
il sentirsi dire “Ho ricevuto un dono meraviglioso” non ha prezzo
non tutto è merce, nè tutto deve essere merce
vorrei condividere con te questa gioia
tu che con tanta generosità ti sei prestato a questo delirio diadico
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nomadi si nasce
e poi si diventa a furia di sobbalzare sobbollire e tremolare
siamo nomadi e del pensiero e dell’immagine e della parola
un po’ qua ed un po’ là
sempre raminghi
buona lettura (?) e buone visioni
lettura random vivamente consigliata agli antisistemici